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La Troietta Di Max

Mi chiamo Clara, ho ventinove anni e da circa sei mesi sono la troietta di Max.
Max è il mio padrone. Mi sono sottomessa con gioia a lui, essendone innamorata perdutamente. Devota e porcellina, accolgo con entusiasmo ogni sua richiesta. Anche le più perverse e, credetemi, ce ne sono state...

Max ha da poco compiuto cinquant'anni, anche se ne dimostra almeno dieci di meno. Alto un metro e ottanta, piazzato, con un fisico continuamente modellato in palestra, a dispetto dell'età. So che lui ha anche altre donne, non mi illudo certo di essere la sola; ma il semplice fatto di poter godere di lui mi basta e mi avanza. Le sue attenzioni mi gratificano oltremodo, proprio perché vengono da lui.
Così mi sono sottomessa a lui. Ho accettato di diventare la sua schiava, la sua troietta personale, il suo buco per il cazzo.
Mi descrivo anche io. Sono anche io piuttosto alta (quasi un metro e ottanta), capelli biondi e lisci, occhi verdi. Ho una terza abbondante di seno e un culo morbido e soffice, nel quale Max (e molti altri uomini prima di lui) ama infilare l'uccello.
Ma parlavamo di perversioni. Appunto. Le porcate che Max m'invita a fare sono incredibili. Nessun limite, né pudore, né vergogna.
Sono la sua troia ed accetto di tutto.
In questi sei mesi, in effetti, ne abbiamo combinate di tutti i colori. Provate a immaginare le porcate più depravate, e sicuramente andrete vicini a quella che è la nostra normale affinità sessuale.
Ma voglio raccontarvi quello che è accaduto la settimana scorsa...

Come sempre, non appena arrivata a casa di Max, mi sono spogliata. Quelle erano le indicazioni a cui mi dovevo sempre attenere. Spogliarmi completamente nuda e poi mettermi a quattro zampe, camminando come una cagnolina in calore, in attesa di suoi ordini.
Che non hanno tardato ad arrivare, infatti.
“Vieni qua”, mi ha chiamato lui. Ho capito subito da dove proveniva la voce: dal cesso. “Vieni qua camminando a quattro zampe come la cagna che sei”.
Non ho esitato un istante, e mi sono avviata verso il bagno. Confesso che, all'idea di quanto sarebbe potuto accadere di lì a poco, già la mia fighetta da brava schiava si è bagnata tutta. Gli umori mi colavano indecentemente lungo le cosce.
Ho raggiunto il cesso e sono entrata. Per un attimo ho guardato Max sorpresa.
Questa davvero non me l'aspettavo.
Il mio padrone se ne stava seduto sulla tazza del cesso. Stava cagando. Esplose uno scoreggione e subito l'aria della stanza fu permeata dall'inconfondibile e intenso odore di merda.
Che cosa aveva in mente quel pervertito del mio padrone? Non lo sapevo, ma di certo la cosa mi sarebbe piaciuta.
Lo sapevo.
La mia fighetta bella slargata ne era certa.
Occorre anche precisare, prima di andare avanti nella narrazione, che Max ha una mazza di tutto rispetto. Anzi, probabilmente si tratta dell'uccello più grosso che io abbia mai visto. Lungo e largo, un bastone equino che non manca mai di soddisfarmi.
Ora, mentre era seduto sulla tazza, teneva quello scettro di carne in mano e si masturbava lentamente.
“Vieni qua, Clara” ribadì vedendomi entrare gattoni nel cesso. “Vieni qua, da brava troietta, e succhiami un po' il cazzo. Succhiami la minchia mentre cago”.
La mia figa fremette estasiata dall'ordine.
Mi avvicinai, lo raggiunsi e, dopo essermi messa in ginocchio (previo il suo consenso) imboccai quell'uccellone duro e pulsante. Un sapore aspro mi invase la bocca; sapore di sudore e di orina. Ciò mi eccitò ulteriormente, e per un momento credetti di essere sul punto di venire, così, senza neanche toccarmi.
“Pompami bene troietta. Fammi un pompino coi fiocchi”.
“Come desidera, padrone”, risposi io e tornai a ingoiare il cazzo. Succhiavo come una forsennata, la mente annebbiata dalla libidine. Mi accorsi di mugolare.
“Brava, continua così... mmmm....”
D'un tratto udii un'altra scoreggia. Stavolta vicinissima alla mia faccia, cosicché potei godermi a pieno quell'aroma di merda.
Come a dimostrargli di aver apprezzato, cominciai a succhiargli l'uccello con maggior vigore.
“Mmmm sì...” gemeva lui “la tua bocca è così calda e umida... un buco perfetto per il mio cazzone... brava maiala... dai... così, datti da fare... passa la lingua intorno alla cappella... mmm... come mi piace... brava... e ora dedicati ai coglioni... così, ecco, leccami bene le palle...”
Diligentemente passai la mia piccola e dolce lingua sui suoi pelosi e sudatissimi testicoli. Che bella sensazione! Che sapore eccitante! Leccai come una brava vacca.
In quel mentre, Max espulse il primo stronzo.
Io mi arrapai ancor di più e, in maniera quasi automatica e senza rendermene conto, mi accarezzai la fighetta con la mano. Lui se ne accorse e rise.
“Ti eccita eh? Ti eccita vero, bella puttanella? Mmmm... senti qua che puzza di merda... respirala bene a fondo troietta... respirala tutta... Dato che sei così eccitata, vieni a prendere il mio cazzo in figa...”
Non trattenni un gridolino di felicità. Subito mi alzai in piedi e salii a cavalcioni sul suo cazzone, su quel bastone che tanto adoravo. Cominciai a cavalcarlo come una vacca, porgendoli nel frattempo le mie belle tette da succhiare. Lui si attaccò ai capezzoli e cominciò a ciucciarli soddisfatto.
“Mmm... che buone le tue bocce...”
Intanto sentii il tonfo del secondo stronzo cadere nella tazza.
Aumentai il ritmo della cavalcata. Lui ora aveva la faccia completamente immersa nel solco delle mie tette.
“Oh sì” gemevo, incapace di controllarmi. “Oh sì padrone, mungimi per bene le tette! Mungimi come una vacca! Sono la tua vacca, la tua troietta personale!”
Continuammo così ancora a lungo. Max aveva una resistenza incredibile e, quel giorno, evidentemente anche tanta merda nella pancia.
Venni come non mai, e in quel preciso istante lui espulse l'ultimo stronzo. Poi, affondando ancora di più la faccia tra le mie bocce, esplose una sborrata colossale.
Sentii lo sperma caldo riempirmi per benino; caldo, bollente, tanto eccitante...
“Padrone” gli dissi, mentre ancora mi trovavo sopra di lui “Posso berla? Mi dai il permesso di bere il tuo seme?”.
Lui guardò i miei occhi speranzosi e parve rifletterci un po' su. Si passò un mano sul mento, poi finalmente disse:
“E va bene! Permesso accordato, per questa volta. Bevi pure, troietta...”
Così mi sfilai il suo randello dalla figa e raccolsi tutto lo sperma che mi stava colando fuori. Lo portai alle labbra e le leccai con ingordigia.
Quanto amavo quel sapore...
“Pulisci anche il mio cazzo, ora” mi disse lui, ed io ubbidiente gli lucidai per bene il manganello.
“Per ora va bene così”, sospirò lui alzandosi. “Ma tu tieniti a disposizione, puttanella...”
“Naturalmente, padrone. È un onore e insieme una grande gioia, per me...”

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