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La Pompinara Della Città (I)

Elena e Marco erano fidanzati ormai da due anni. Entrambi da poco maggiorenni, frequentavano con successo l'ultimo anno di liceo nella loro città.
Era aprile e si respirava già aria di esami.
"Dobbiamo metterci sotto", diceva Marco. "Dobbiamo puntare al massimo".
Così, passavano quasi tutti i pomeriggi e le sere insieme, a studiare. Non avevano una vita sociale molto movimentata. Anche se molto carina (mora e occhi verdi, un culetto da sballo e una quarta di reggiseno) Elena era una ragazza molto introversa, che preferiva un buon libro ad una serata in discoteca.
Nonostante il sentimento che li unisse fosse molto forte e facessero già seri progetti per il futuro, non avevano ancora mai fatto l'amore. Marco aveva provato a compiere il passo un paio di volte, ma il deciso rifiuto di Elena - che evidentemente non si sentiva ancora pronta - l'aveva fatto desistere dal chiederlo di nuovo. Nemmeno il rapporto orale convinceva Elena, che si limitava a masturbarlo due o tre volte la settimana, quando il poveretto proprio non ce la faceva più a contenere la sborra nelle palle.
"Perchè nemmeno in bocca?", chiedeva Marco, esasperato. "Posso capire che non ti senti pronta per far l'amore, ma perchè nemmeno questo?"
"Perchè l'idea mi disgusta", rispondeva lei con un tono che non ammetteva repliche. "E poi prenderlo in bocca mi sembra una cosa da ragazzacce".
Per quanto confuso e infastidito, Marco aveva una grande pazienza. Sicuro che ne sarebbe valsa la pena, aveva deciso di aspettare che Elena si sentisse pronta.
Era un mercoledì mattina e il sole rendeva l'aria tiepida. Elena si avviava con passo leggero alla stazione degli autobus. Era appena stata dal medico per delle analisi e sarebbe entrata a scuola con un'ora di ritardo.
Si sedette su una panchina pensando al compito di matematica che ci sarebbe stato da lì a poco.
"Ciao bella, che fai tutta sola?"
La voce la fece quasi sobbalzare. Si voltò e vide Renato, uno dei bulletti della scuola. Nonostante avesse ventun'anni, frequentava ancora la scuola. Insieme alla sua banda, della quale era il capo, si divertiva a deridere tutte le persone che non gli andavano a genio. Tra queste c'era anche Marco.
Evidentemente, com'era sua sabitudine, anche quella mattina aveva marinato la scuola.
"Aspetto l'autobus", rispose Elena con un filo di voce.
"Sei una ragazza molto timida, vero?"
Elena alzò gli occhi e vide che sul suo volto era comparso un sorrisetto.
Però, non è un brutto ragazzo, si ritrovò a pensare d'un tratto, quasi senza esserne consapevole. E poi quella sua aria da spavaldo, da sbruffone... non so, ha un qualcosa di... oddio, ma che sto pensando? Sono già fidanzata e questo scemo qui davanti rappresenta la feccia del paese!
Però...
Però, per un attimo, strani pensieri si erano insinuati nella sua mente.
"Sì, sono abbastanza timida".
"Be', non dovresti. Hai l'aria di una parecchio simpatica. Io oggi ho deciso di non andarci affatto, a scuola. Tanto è tempo perso e di sicuro mi ribocciano anche quest'anno. Stavo facendo una passeggiata. Perchè non mi accompagni?"
"Non posso, mi dispiace. Devo andare a scuola".
"Ma su! Tu sei brava e di certo se perdi una giornata non succede niente".
"Ho il compito di matematica..."
"Sono certo che la prof capirà e te lo farà rifare. Dai! Accompagnami al parco".
"Io..."
"Avanti!"
Sguardo da delinquentello, sorrisetto da furbastro. E Elena cedette.
"Mmm... e va bene. Però stiamo attenti che non ci veda nessuno, altrimenti con i professori scoppia un casino".
Ma cosa stai facendo? disse una voce nella sua testa. E Marco? Cosa credi che ne penserà lui?
Sto semplicemente andando a fare una passeggiata, si disse, niente di più.
E s'incamminarono insieme verso il parco.
"Insomma, tu sei fidanzata con Marco", cominciò Renato una volta arrivati.
Elena esitò un attimo prima di rispondere "sì".
"E' un bel coglione, lasciamelo dire", sghignazzò Renato. "Non te la prendere, eh, ma secondo me è proprio uno scemo. Quell'aria da secchione, sempre chiuso dentro casa a studiare. Come fai a non annoiarti?"
"Be'... non è mica un tipo tanto noioso. Ha... ha un bel senso dell'ironia e poi..."
"Ma quale senso dell'ironia! Sembra un pesce lesso!" Elena non riuscì a trattenere una breve risatina.
"Be', un pò è vero", ammise.
Dopo qualche minuto Renato passò un braccio intorno alle spalle di Elena, che non riuscì a trattenere un tremito.
"Ma... tu non sei fidanzato?" gli chiese.
"Oh, alludi a Clara? Mi ci hai visto insieme, vero? No no, non siamo fidanzati. O meglio, non più".
"Ma ho visto che vi baciavate pochi giorni fa!"
"Sì, be'... lei è, come dire... una ragazza con cui faccio determinate cose. Ma non ci sto assieme. Ci siamo lasciati qualche mese fa. Non era il mio tipo".
"E quale sarebbe il tuo tipo?" chiese Elena e si pentì subito della domanda.
Letale arrivò la risposta: "Tu".
Elena non fece in tempo a realizzare che Renato già aveva accostato le labbra alle sue. Prima che potesse dire qualsiasi cosa la baciò.
Un brivido le percorse la schiena e si ritrovò a pensare ad Marco, chino sul banco di scuola. Cosa sto facendo? Che diavolo sto facendo? Ma i suoi pensieri furono interrotti dalla lingua di Renato che si fece strada tra le sue labbra.
Dopo qualche istante, confusa eppure eccitata, Elena rispose al bacio. Pomiciarono a lungo, poi Renato cominciò a leccarle il collo.
"Basta così", disse lei alzandosi improvvisamente. "Questo è... è sbagliato. Io sono già occupata".
"Con chi, con quello scemo? Perchè non lo lasci e ti metti con me?"
"Tu... tu vorresti davvero che mi mettessi con te? Mi conosci appena!"
"So che mi piaci un sacco".
"Comunque no... non posso. E' meglio che vada..."
"Dove?"
"A casa. Dirò a mia madre che mi sono sentita male".
"Se proprio ne sei sicura..."
"Credo sia meglio così..."
"Mi lasci il tuo numero, almeno? Così, per sentirci da amici, se proprio vuoi restare con quell'idiota..."
"Non penso che sia il caso..."
Ma prima di andarsene glielo lasciò.
Quella sera Marco la chiamò. Aveva pianto quasi per tutto il giorno, pensando a ciò che aveva fatto (aveva pomiciato con un altro ragazzo!) ma ancor di più a ciò che aveva sentito. Una forma di disarmante eccitazione, un'incredibile attrazione per quel bulletto, quel delinquentello.
E non c'era forse una nota di speranza nella sua voce quando gli aveva chiesto "Tu vorresti davvero che mi mettessi con te?"
Sì, c'era.
Che dio la maledicesse se l'idea non l'allettava.
Marco al telefono sembrava preoccupato.
"Perchè non sei venuta a scuola, oggi? Come sono andate le analisi? Stai bene?" Una raffica di domande che facevano sentire Elena ancora più in colpa.
"Sì, niente di grave, ho avuto solo un po' di mal di testa".
Ma nella sua testa, in realtà, c'era solo il ricordo di quel bacio.
Quando, un paio di giorni dopo, il suo cellulare squillò, sapeva già chi era prima di leggere il nome sul display. Una sorta di premonizione che la fece tremare per un attimo.
Era sera e si trovava da sola in camera a studiare. Dopo quello che era successo, non aveva voluto vedere Marco dopo la scuola. Si sentiva in colpa e aveva come la sensazione che lui potesse leggerglielo in faccia.
"Ciao Elena, sono Renato. Come stai?"
"Bene... tu?"
"Benone. Senti, io domani faccio sega di nuovo. Ti va di farmi compagnia?"
"Non se ne parla, ho l'interrogazione di storia, devo essere presente".
"Dai! Passiamo una bella mattinata insieme, due chiacchiere e via. Non ti bacio stavolta, tranquilla, ho solo voglia di vederti..."
"No, guarda, domani proprio no..."
Ma alla fine accettò.
Erano di nuovo al parco e lui le prese la mano.
"Non sono meglio di quell'idiota con cui stai?" le chiese. "Pensaci. Se ti metti con me, tutte le altre ragazze a scuola ti invidieranno. Potrai uscire con me e i miei amici, essere una del gruppo. Noi sappiamo goderci la vita".
"Non posso, io... io tengo ad Marco".
"Te lo farò dimenticare presto, è una promessa".
"Ma..."
Renato prese a baciarle il collo. Quando le leccò un'orecchio, lei emise un lungo sospiro.
"Non ti piaccio nemmeno un po?" chiese lui continuando a baciarla.
"Sì... mi piaci molto..." disse lei cominciando a perdere la testa. "... lo sai benissimo che mi piaci, ma..."
"E allora lascia quel cornutone... mettiti con chi è in grado di apprezzarti veramente..."
"Non è che stai facendo il carino solo per portarmi a letto, vero?" disse lei in un attimo di lucidità.
"Ma figurati... tu mi piaci veramente... non te ne pentirai..."
Continuando a slinguarla, Renato posò una mano su di un seno sodo e cominciò a massaggiarlo. I capezzoli di Elena s'indurirono immediatamente. La sua fichetta inevitabilmente si bagnò.
"Ti piace, vero? Vedrai, con me ti divertirai..." Le prese la mano e, mentre continuava a baciarla, se la portò sul pacco.
"Accarezzami un po', dai".
"Ma..."
"Avanti, bellezza..."
Timidamente, Elena cominciò a massaggiargli il pacco. Era una bella sensazione sentire quel cazzo indurirsi velocemente, crescere sotto le sue dita.
"Me lo fai tirare un casino..."
Elena si bloccò solo quando sentì il rumore della cerniera lampo che si apriva. Staccò la bocca da quella di Renato e vide un cazzo turgido e svettante.
"Cosa vuoi fare? Siamo in un parco, potrebbe vederci qualcuno. E poi io non sono una di quelle ragazze che..."
"Dai, non farti pregare. Non c'è nessuno a quest'ora, e poi questi grandi cespugli ci riparano dagli occhi dei passanti... non ci vedrà nessuno. Ricordati che ci tengo a te, non voglio usarti..."
"Cosa... cosa vuoi che faccia?"
"Menamelo un po'... dai, fammi una bella sega..."
Lentamente, combattendo contro mille pensieri contrastanti, Elena impugnò l'asta di Renato.
"Su, muovi la mano ora. Così, così... oh quanto sei brava... quanto sei brava...."
Mentre lei lo masturbava lentamente, Renato le infilò una mano dentro il reggiseno.
"Ho voglia di baciarti e leccarti queste belle tettone" disse sollevandole la maglietta. "Tu continua con la mano... dai, più veloce... aaaaah, sei davvero brava...."
Mentre lei lo segava, lui immerse la sua faccia tra le morbide poppe. "Che buone", mugugnava mentre leccava succhiava e mordicchiava "la tua pelle ha un sapore delizioso".
Anche Elena cominciò a mugolare, eccitatissima. Il pensiero del suo fidanzato, chino sui libri di scuola, era ora lontano mille miglia dalla sua mente. Nella sua testa ora c'era solo una inarrestabile eccitazione.
"Prendimelo in bocca, ora".
"Non l'ho mai fatto..."
"Cosa? Vuoi dire che al cornuto non l'hai mai succhiato?" Renato esplose in una risata. "Be', hai fatto bene, lasciatelo dire. Ma ora cuccialo un po' a me... dai, fammi felice... dimostrami che anche tu tieni a me come io tengo a te..."
"Forse è meglio se ti finisco con la mano..."
Ma il pene dritto e turgido sembrava chiamarla.
"Avanti, non farti pregare..." Così dicendo le mise una mano dietro la testa e cominciò a spingerla verso il cazzo. "Su, prendilo in bocca... così... oooooooooooohhh, brava, fino in fondo, bella puttanell.... ehm, amore mio..."
Ma Elena nemmeno ascoltava. China sul cazzo, intenta a succhiare, era tutta presa da quello che stava facendo.
E stava scoprendo che... be', che le piaceva.
Le piaceva l'azione in sè, muovere la bocca su e giù, le piaceva il sapore del cazzo, quel cazzo che al suo fidanzato non aveva mai voluto succhiare.
"Come lo succhi bene... che bel pompino che mi stai facendo... mmmm... pensa a quel coglione del tuo ragazzo che se ne sta in classe come un deficiente... mmmmmm... sì brava, muovi la lingua... ora scendi un po', leccami le palle... ah, così, sì..."
Elena intanto continuava a mugugnare, eccitatissima, succhiando, leccando, sbavando.
"Ah sì... mmmm... è il pompino più bello della mia vita tesoro... tu ci sai proprio fare... cosa si è perso quel cornuto...."
Elena staccò per un attimo la bocca dal cazzo di Renato. "Non nominare Marco", disse. "Mi fai sentire ancora più in colp..."
Ma non fece in tempo a finire la frase. Renato la prese per i capelli e glielo infilò nuovamente in bocca.
"Dai" la incitava, palpandole furiosamente le tette. "Dai che tra poco vengo... ti riempio la bocca, questa tua bella boccuccia calda... dai che ti faccio il pieno... vedrai che ti piacerà..."
Più lui incitava, più diventava volgare, più lei, incredibilmente, si eccitava.
E non era anche il pensiero del suo ragazzo, l'idea di farlo cornuto, a contribuire a quella perversa eccitazione?
Oh, sì.
Soffocando a malapena un urlo, Renato si scaricò dentro la sua bocca.
"Bevi, bellezza", disse. "Ingoia tutta la mia cremina. Non perderne nemmeno una goccia. Vedrai com'è buona...".
E lei ubbidì.

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