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Arianna

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Da quando Arianna è la mia padrona, la mia vita è cambiata drasticamente.
Da cinque anni oramai sono il suo schiavo personale, e obbedisco docilmente a tutti i suoi ordini. Ma vi racconto come sono arrivato a questo punto.
Innamorato di lei dai tempi del liceo, le ho fatto per anni una corte spietata. Alta, mora, con un fisico asciutto, un culetto e due seni sodi, è sempre stata il mio sogno erotico. Purtroppo tutti i miei tentativi - regali, inviti, dediche radiofoniche - sono andati a vuoto. Finché un giorno, di fronte alla mia ennesima dichiarazione, mi ha guardato dritto negli occhi e ha detto:
"Vuoi davvero avermi? Davvero mi adori come una dea? Ebbene, se è così, sarò la tua dea. Ma una dea crudele, senza scrupoli. Sarò la tua padrona e tu il mio schiavetto personale. Obbidirai ad ogni mia richiesta, senza fiatare. E non avrai certo l'esclusiva. Io continuerò a fottere con chi mi pare, senza doverti niente. Queste sono le mie condizioni. Prendere o lasciare".
Troppo innamorato per discutere, accettai all'istante.

Ora ci troviamo a casa mia, un pomeriggio come tanti. Lei è sdraiata su un divano, intenta a leggere un libro. Io sono su una poltrona di fronte a lei, pronto ad eseguire qualsiasi suo ordine. Che non tarda ad arrivare.
"Vieni qua, leccami un po' i piedi mentre leggo, schiavo".
Lentamente mi avvicinai a lei.
Mi inginocchiai, tirai fuori la lingua e...


2

... E leccai, naturalmente. Cos'altro potevo fare?
Lei non mi degnava nemmeno di attenzione. Si godeva la leccata continuando a leggere tranquilla.
Ero minuzioso nel mio lavoro. Passavo la lingua per bene tra un dito e l'altro, lungo tutta la pianta. L'odore del suo sudore permeava prepotentemente le mie narici.
"Muovi quella lingua più velocemente".
Voce gelida. Glaciale. Obbedii e aumentai il ritmo.
"Mi sono stufata", disse dopo qualche minuto. Si alzò e si sfilò velocemente jeans e mutandine. Dopodiché tornò a sdraiarsi sul divano con il libro in mano.
"Leccami un po' la fica, ora", disse quasi distrattamente. "Falla bagnare. Avanti, schiavo".
M'inginocchiai tra le sue cosce, travolto dall'aroma penetrante della sua fregna. Tirai fuori la lingua e, docile docile, iniziai a leccare.
"Datti da fare, su, devi soddisfarmi".
Perentoria. Implacabile. Intanto non staccava gli occhi dal testo che stava leggendo.
M'impegnai di più. Nel frattempo il mio cazzo, costretto nelle mutande, era diventato di marmo. Chissà se poi mi avesse concesso di masturbarmi...
"Va bene così?" le chiesi speranzoso. "La sto leccando a dovere, padrona? La mia lingua è di suo gradimento?"
"Taci!" esclamò. "Non vedi che sto leggendo? Continua a leccare senza fiatare, inutile figlio di puttana!"
"Mi scusi padrona..."
"Ti ho detto di stare zitto!"
Senza replicare ancora, ripreso il mio lavoro di lingua.
Dopo un'altra decina di minuti, Arianna cambiò nuovamente posizione, mettendomi il culo in faccia.
"Ora", disse, "devi leccarmi per bene il buchino. Ho cagato mezz'ora fa e naturalmente non mi sono pulita. Sono certa che apprezzerai..."
"Certo, mia padrona..."
"Zitto e datti da fare..."
Vinto l'iniziale ribrezzo - d'altronde ero ormai abituato - tirai fuori la lingua e gliela cacciai nel culo. Era oltremodo sporco di merda. Arianna, la mia dea, doveva aver fatto proprio una bella cagata.
Mentre leccavo ubbidiente, incredibilmente il mio cazzo continuana a irrigidirsi sempre più.
Arianna emise qualche leggero mugolio. Ne fui orgolioso. Significava che il mio lavoro le stava piacendo!
"Leccami bene tutto il buco merdoso", ansimò. "Leccalo dai, fammi godere pervertito..."
Aumentai il ritmo ancora. Ora leccavo, succhiavo, mordicchiavo come un forsennato.
D'improvviso, senza dire niente prima, Arianna emise un potentissimo scoreggione. Naturalmente m'investì in pieno volto.
"Goditela porco" disse ridendo. "E' tutta per te".
Puzzava da morire eppure mi eccitava.
Dopo altri venti minuti di esemplare leccaggio, Arianna - che intanto aveva preso a sgrillettarsi, abbandonato ormai ogni interesse per il libro che stava leggendo - venne copiosamente. A quel punto devo dire che il suo culo era bello lindo, pulito alla perfezione.
"Posso ritenermi soddisfatta", disse. "Sei stato bravo, tutto sommato. Per essere una nullità ti sei comportato bene. Ho deciso di premiarti. Puoi masturbarti".
"Posso anche toccarti, mentre lo faccio?"
Non l'avessi mai chiesto. Mi arrivò un potentissimo schiaffo in faccia.
"Non sognartelo nemmeno!" gridò. "Certo che non puoi. L'unica cosa che ti concedo è di continuare a leccarmi il culo, mentre te lo meni..."
Così si mise nuovamente a novanta e io ripresi a leccare. Felice, questa volta, di potermi menare il cazzo duro e voglioso, ormai allo stremo.
"Vieni, schiavo", disse lei ad un tratto. "E' un ordine. Vieni nella tua mano".
Come a conferire maggior forza all'imperativo, mollò un altro fragoroso scoreggione.
E in quel preciso istante venni.

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